facebook twitter
Dal biopic “Jimi: all is by my side”
FILM 07/06/2014

Il premio Oscar John Ridley racconta i dodici mesi in cui Hendrix, da sconosciuto, è diventato leggenda


Si può raccontare l'intenso anno di vita di un uomo, e regalarne tutte le emozioni dei primi successi, attraverso alcune immagini in movimento? Sì, si può. Si apre oggi, venerdì 6 giugno, a Bologna, il Biografilm Festival, il primo evento internazionale interamente dedicato ai racconti di vita, giunto ormai alla sua decima edizione. Tra le novità di quest'anno, il variegato panorama del cinema biografico amplia i suoi orizzonti e decide di dare maggiore spazio alla "fiction", dedicando al biopic la sezione Biografilm Europa, che proporrà le migliori pellicole di genere prodotte in ventotto paesi membri dell'Unione Europea. Per l'occasione, il capoluogo emiliano si tinge di rock. Tra i tanti capolavori che vedremo sfilare nella kermesse ideata da Andrea Romano, infatti, non può non destare curiosità e ammirazione “Jimi: all is by my side”, opera del quotato John Ridley, alla regia dopo aver vinto l'Oscar per la memorabile sceneggiatura di “12 anni schiavo”.

Jimi, Jimi e basta. Jimi, senza un cognome. Perché a cosa serve un cognome quando già un nome può fare la differenza, e riportare alla mente la carriera di uno dei personaggi di spicco della musica mondiale? Presentato al festival di Toronto, e in anteprima italiana, il biopic su Jimi Hendrix testimonia come la qualità di uno stile inconfondibile, come quello del musicista di Seattle, possa aver cambiato il panorama del rock. Jimi è considerato un mito in ogni dove, e su ciò non ci sono dubbi. Questo genio ribelle e anticonformista è riuscito a trasformare la sua chitarra in qualcosa di unico e non convenzionale all'epoca in cui ha iniziato a esibirsi: locali minuscoli dove a pochi astanti andava di prestargli ascolto, dove gli uomini bevevano e basta, dove le donne civettavano e basta, dove sul palco qualcuno metteva l'anima nelle note che fuoriuscivano dalla sua chitarra… e basta. Che importa essere ascoltati quando fare musica è la vita?

La pellicola non vuole raccontare gli anni del successo del musicista americano, ma il percorso in cui è riuscito a diventare tale, soffermandosi su un anno decisivo: dodici mesi (a cavallo tra il '66 e il '67) che trasformarono uno sconosciuto nella leggenda che fu. Nel biobic diretto da Ridley ci sono quindi l'incontro con la sua amica-mentore Linda Keith, l'allora fidanzata di Keith Richards, quello con un produttore “alle prime armi” che crede in lui fin dal primo suono di chitarra, il trasferimento a Londra, i primi ingaggi britannici e quel fatidico rientro in America per il festival di Monterey, nel 1967, da cui decollò la sua fama. A dar volto a Hendrix, il rapper Andrè 3000, del gruppo hip hop Outkast, un somigliante e “scapestrato” ragazzo di colore dai capelli ribelli. L'unica pecca di questa pellicola, che ha fatto tanto parlare? Purtroppo non c’è traccia degli assoli del musicista, che, come spiega il produttore Danny Bramson, presidente di giuria al Biografilm, non sono stati usati “per esplicito divieto della Fondazione Hendrix, che neppure ha autorizzato l’opera”. Un biopic che manca di un elemento importante, insomma. Però, del resto, chi non conosce già la musica della pietra miliare del rock?


scritto da Eleonora Tesconi