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FILM 13/04/2014

Che in Italia dimentichiamo presto è risaputo ma anche la rimozione dovrebbe avere i suoi tempi.


SINOSSI
Luca è un giornalista della Gazzetta di Bologna (giornale di centro destra) che il 20 luglio 2001 decide di andare a vedere di persona cosa sta accadendo a Genova dove, in seguito agli scontri per il G8, un ragazzo, Carlo Giuliani, è stato ucciso. Alma è un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri e ora, insieme a Marco (organizzatore del Social Forum) è alla ricerca dei dispersi. Nick è un manager francese giunto a Genova per seguire il seminario dell'economista Susan George.
Anselmo è un anziano militante della CGIL che ha preso parte al corteo pacifico contro il G8 e decide di fermarsi un giorno in più per andare a mettere un fiore sulla tomba della figlia di un’amica. Bea e Ralf sono di passaggio ma cercano un luogo presso cui dormire prima di ripartire. Max è vicequestore aggiunto e, nel corso della giornata, ha già preso la decisione di non partecipare a una carica al fine di evitare una strage di pacifici manifestanti. Tutti costoro e molti altri si troveranno la notte del 21 luglio all'interno della scuola Diaz dove in poche ore si è scatenato l’inferno.

Che in Italia dimentichiamo presto è risaputo ma anche la rimozione dovrebbe avere i suoi tempi. Parliamo di “Diaz non pulire questo sangue”, film di Daniele Vicari uscito nelle sale italiane il 13 Aprile 2012 per la distribuzione di Fandango, che racconta fatti realmente accaduti all’interno della scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001, durante la manifestazione del G8 a Genova. Pezzi di storia o forse meglio dire di attualità, in ogni caso, avvenimenti che dovrebbero continuare a scottare. Le vicende personali dei personaggi (ovviamente fittizi) si intrecciano alla cronaca giudiziaria e a video girati da telecamere di sorveglianza e da chi quella notte era presente. I personaggi stessi infatti sono costruiti sulle testimonianze di manifestanti e poliziotti che hanno vissuto l’orrore della Diaz e su atti giudiziari e verbali di un processo ancora in corso. Numerosi quotidiani al tempo dell’uscita nelle sale hanno parlato di un film di denuncia su ciò che successe in quei giorni a Genova ma lo stesso regista non pare gradire questa definizione. Il vero intento è quello di mettere il pubblico davanti ad una realtà affrontata al tempo con approssimazione. Giornali e televisioni in quella fine Luglio del 2001 non parlavano di altro ma sembra che quel che ne rimane siano solo ricordi vaghi di qualcosa che ci è passato sotto gli occhi forse troppo velocemente; troppe notizie per potere metterle a fuoco tutte. Facendo un minimo di sondaggio la maggior parte della popolazione che ai tempi aveva l’età per comprendere associa il G8 alla morte di Carlo Giuliani, ai Black Bloc, alla Diaz, non sapendo dare contorni nitidi agli accaduti. Ecco allora che Daniele Vicari vuole mettere chiarezza focalizzando l’attenzione solo su ciò che successe la notte del 21 Luglio alla scuola Diaz, prendendo in considerazione quelle poche ore come emblema di giorni di vera e propria guerra urbana. Forse proprio per la verità dei fatti raccontati, ripresa con un realismo cruento ma terribilmente spiazzante ha colpito una gran fetta di pubblico ma allo stesso modo non sono mancate critiche e dissapori. Numerosi sono stati coloro che hanno visto in questo film una protesta contro partiti e forze dell’ordine. Ma si sa che il boccone rimane indigesto a chi, se troppo grande, non lo sa digerire. Il film infatti non veste il colore di nessuna bandiera ma si pone super partes riportando i diversi punti di vista dei manifestanti, poliziotti e vertici dello stato, lasciando ai margini partiti e fazioni politiche. Piuttosto quello che Vicari dichiara di avere voluto sottolineare e riportare all’interno del suo film è il dolore umano morale e fisico. La crudezza, non vana, della maggior parte delle scene è volta a creare empatia e coinvolgimento con il pubblico che non può rimanere indifferente. La violenza, la disorganizzazione di uno stato che si definisce civile e l’informazione sommessa sono tutti punti su cui Vicari insiste per potere dare voce a una tragedia di casa nostra. Immagini che si susseguono inframezzate da pochissime battute ma tantissimo rumore vertono a svegliare le coscienze di un Bel Paese che dimentica in fretta. Come se il frastuono di grida e percosse nel film volesse riscattare il silenzio che è calato per anni riguardo a questi fatti. Certe cose forse non possono essere raccontate a voce ma devono essere toccate con mano attraverso la frenesia della macchina da presa. A questo punto credo che tante definizioni non servano, film di denuncia o meno è un film che va guardato da tutti per non rimanere indifferenti a “La più grande violazione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda Guerra Mondiale” (Amnesty International).


scritto da Valentina Sordi